Come prepararsi ad un viaggio nella terra delle Highlands? Qui 3 libri da leggere (e un film) prima di andare in Scozia!
I primi tre libri saranno mie proposte, il film è invece un apprezzatissimo contributo di un compagno di viaggio, appassionato di storia scozzzese. L’idea è quella di proporre diversi punti di vista: un assaggio di nuda e cruda quotidianità direttamente dalla periferia di Edimburgo, uno sguardo cupo e distopico ad una Glasgow del futuro, un divertente racconto di vita vera da un piccolo e ventoso villaggio di mare e un approfondimento su un personaggio leggendario della cultura scozzese.
1. Trainspotting di Irvine Welsh
On the issue of drugs, we were classical liberals: vehemently opposed to state intervention in any form
Probabilmente, per la maggior parte di voi, questo titolo è già ben noto, sia per il libro che per il film (forse più conosciuto ancora) di Danny Boyle, un capolavoro da non perdervi. Qui il trailer per chi non lo conoscesse.
Anche il libro, a mio parere, è quanto meno unico nel suo genere (uno dei miei preferiti in assoluto) ed è sicuramente tra gli esempi più noti della brillante e spietata letteratura scozzese più contemporanea.
Si tratta in realtà di una serie di 4 libri (per ora – l’ultimo è uscito nel 2018) incentrata sulla sulla storia di una serie di personaggi, di cui i principali sono il gruppo di amici composto da Mark Renton, Sick Boy, Begbie e Spud, e del loro rapporto con l’eroina, con conseguenti effetti disastrosi sulla loro vita, completamente folle e fuori dagli schemi.
Il primo libro, Trainspotting, il più bello secondo me, è uscito nel 1993, con una traduzione italiana molto ben fatta nonostante la difficoltà estrema dell’inglese in cui è stato scritto, uno slang scozzese estremamente colloquiale e praticamente intraducibile in altre lingue senza perderne gran parte delle sfumature. Se siete pratici con l’inglese, consiglio senza dubbio la lettura in lingua originale, anche perchè i libri successivi, usciti molto dopo, sono stati curati da un altro traduttore, il cui stile è completamente diverso dal primo e, a me personalmente, non ha per niente convinto. Inoltre, la lingua originale permette di entrare totalmente in una Edimburgo di periferia (le vicende si svolgono nel quartiere di Leith), e di comprenderne meglio tutte le sfumature culturali, altrimenti impercettibili.
A differenza degli altri 3 libri, il primo è scritto come fosse una serie di mini racconti in prima persona, ciascuno dal punto di vista di un personaggio diverso che riconoscerete dal modo in cui è scritto il capitolo, in quanto ciascuno ha una sua maniera di esprimersi, di pensare e di utilizzare determinati termini che lo contraddistingue subito dagli altri. E’ sicuramente una lettura impegnativa, con alcuni momenti estremamente toccanti, tra cui le terribili crisi di astinenza di Renton, mentre cerca invano di disintossicarsi.
Il tutto però, è raccontato in maniera totalmente irriverente e ironica, e il modo assolutamente unico di vedere la vita di questi personaggi, ormai diventati iconici, vi farà ridere e divertire, anche se sicuramente con una punta di amarezza.
Se vi piace il primo, consiglio anche la lettura degli altri 3, scritti con uno stile diverso, ma altrettanto appassionanti: Sgakboys (prequel di Trainspotting, molto interessante per capire le dinamiche a causa delle quali i personaggi sono finiti nel giro dell’eroina), Porno (sequel di Trainspotting, incentrato principalmente su Sick Boy e Renton e il loro tentativo di sfondare nell’industria del Porno. Una risata continua), e Dead Men’s Trousers (Morto che cammina in italiano, ultimo libro – si pensa – in cui i personaggi sono ormai adulti e cercano di riportare la loro vita su binari di “normalità”, potete immaginare con quali esiti).
Nonostante la tematica non proprio leggera, trovo questa serie di libri assolutamente unica e peculiare, rappresentativa di un contesto, quello scozzese e di Edimburgo, che raramente potrete ritrovare così sinceramente rappresentato in altre opere della stessa provenienza.
2. Lanark - Una vita in quattro libri di Alasdair Gray
Lanark said irritably, “You seem to understand my questions, but your answers make no sense to me.””That’s typical of life, isn’t it?”
Alasdair Gray è uno dei capisaldi della letteratura scozzese, nonostante in Italia sia piuttosto di nicchia e poco conosciuto. Indubbiamente, i suoi libri sono a dir poco visionari e complessi, nonchè difficili da trovare. Sono infatti principalmente editi da Safarà, casa editrice decisamente poco mainstream, che si distingue per la particolarità dei titoli che pubblica e per la forma in cui i libri vengono stampati, con il bordo inferiore tagliato in obliquo (ve la consiglio se siete in cerca di titoli altrimenti introvabili e sconosciuti – qui il sito Internet per farvi un’idea del catalogo). Io stessa non conoscevo questo autore nè le sue opere, di cui i 4 volumi di Lanark sono tra i più noti, finchè non mi è stato consigliato vivamente da un collega bibliofilo, facendomi scoprire un ulteriore e particolarissimo aspetto della letteratura scozzese.
Lanark è la storia di un giovane uomo in una Glasgow quasi post-apocalittica, un futuro distopico ed opprimente fatto di terribili malattie e povertà. In particolare, la malattia che colpisce la popolazione nel primo volume è la Dragonite, che trasforma letteralmente le sue vittime in dragoni di pietra, portandoli poi alla morte. La Dragonite è una metafora che può essere letta in diversi modi da ciascuno, nonostante vi siano diverse spiegazioni “ufficiali” al riguardo. Ma il bello sta proprio, secondo me, nel fatto che possa essere vista come la rappresentazione fisica di diversi concetti e/o stati d’animo, in base alla sensibilità di ciascuno, rendendo questo libro ancor più interessante e fonte di ispirazione per discussioni intellettuali a lume di candela.
L’interpretazione più comune, che è anche la mia ed è quella che viene fuori ad una prima lettura, vede la Dragonite come l’espressione fisica di un disagio mentale che porta a chiudersi in se stessi, a negare il vero sé per sostituirlo con qualcosa che non ci rappresenta, ma che pensiamo sia più accettabile per le persone intorno a noi. La chiusura e la negazione sono ad un certo punto tali da portare ad un irrigidimento fisico reale, che pietrifica letteralmente in una forma non umana e soffocante, finendo per uccidere del tutto il vero sé di chi cade vittima di questo meccanismo. I dragoni di pietra, ossia i pazienti in stadio avanzato della malattia, hanno forme e colori diversi, in base alla tipologia di negazione messa in atto, trasponendo così in maniera visiva una serie di stati psicologici decisamente complicati e interessanti.
Lanark si ritrova anche lui vittima di questa terribile malattia, in uno strano ospedale sotterraneo composto da intricati tunnel e medici strampalati.
Un immaginario per me estremamente affascinante e magico, difficile da descrivere a parole per la sua complicatezza e oniricità. E’ dunque necessario leggere le parole dell’autore in persona per capirne qualcosa di più e coglierne i plurimi messaggi e le possibili interpretazioni. Consigliatissimo!
3. Vita da Libraio di Shaun Bythell
As I was tidying the shelves in the garden room, I found a copy of ‘The Odyssey’ in the Fishing section. I have yet to question Nicky about this, but the answer will almost certainly be, “Aye, but they were on a boat for some of it. What do you think they ate? Aye. Fish. See?”
In un piccolo paesino scozzese, Wigtown, Shaun Bythell, l’autore del libro, ha aperto un’incredibile libreria, The Book Shop (questo il link al sito internet della libreria). Uno di quei posti che si trovano spesso nelle piccole località del Regno Unito, stracolmi di libri di seconda mano, spesso a prezzi stracciati, accumulati in alti scaffali di legno che si susseguono lungo stretti corridoi. Il classico luogo dove ho trascorso ore e ore durante i miei peregrinaggi in quelle zone, comprando una quantità smisurata di titoli bizzarri e sognando di piantarvici una tenda per vivere lì per sempre (assumetevi, vi prego).
Il libro è un vero e proprio diario di vita di un libraio, con una serie di aneddoti divertentissimi che vi faranno avere un assaggio della cultura locale, nonchè desiderare di aprire anche voi un’accogliente libreria legnosa in un ventoso villaggio sperduto.
Se volete avere un assaggio della location in cui si svolge l’assurda quotidianità dello scrittore, è stato pubblicato su YouTube un fantastico video-tour della libreria, con tanto di canzone a tema in perfetto accento scozzese. Godetevelo e divertitevi a leggere le mirabolanti avventure di un eccentrico libraio, il mestiere secondo me più bello al mondo!
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👉Proposta e recensione di Francesco Pesce
Questa recensione si riferisce ad un film su una figura leggendaria nel panorama scozzese, Rob Roy MacGregor. Per i meno cinefili, esiste tuttavia anche un famoso ed omonimo romanzo di Walter Scott, intitolato appunto “Rob Roy”. Buona lettura!
Rob Roy di Michael Caton-Jones
“Figura sicuramente importante nel panorama delle leggende scozzesi è quella di Rob Roy MacGregor, definito da alcuni “il Robin Hood scozzese”, a cui sono dedicati, tra le varie opere, il romanzo di Walter Scott “Rob Roy”, l’omonimo film di Michael Caton-Jones e diverse canzoni popolari.
In particolare, vorrei dedicarmi ad una piccola analisi del film, uscito negli Stati Uniti il 14 aprile 1995, e che risulta degno di nota innanzitutto per via del regista (Michael Caton-Jones, famoso per aver diretto film quali “The Jackal” e “Shooting Dogs”) e del cast (tra cui figurano attori del calibro di Liam Neeson, Tim Roth, Jessica Lange e John Hurt)
Il film è ambientato nelle Highlands, durante i primi anni del 1700 e si presenta essenzialmente come un racconto di “cappa e spada” di ispirazione storica.
Chiaramente, la prima cosa che colpisce sono le ambientazioni, che spaziano dal paesaggio montano delle Highlands fino ai palazzi ed ai giardini dei nobili locali.
La trama è sostanzialmente incentrata sul personaggio di Rob Roy (interpretato da Liam Neeson, che non ha certo bisogno di presentazioni), ex ladro di bestiame ed attualmente capo clan al servizio del marchese di Montrose (John Hurt, che gli appassionati di Harry Potter ricorderanno nei panni del costruttore di bacchette Ollivander).
Rob è un uomo estremamente legato alla propria famiglia ed al proprio clan, ma che pone l’onore sopra ogni cosa. Sarà proprio l’onore, parola chiave del film, a condurre tutte le azioni del protagonista ed a portarlo a inimicarsi parte della nobiltà locale, decisamente spregiudicata e che non esita ad approfittarsi del suo buon cuore.
A seguito delle macchinazioni di Archibald Cunningham (il magistrale Tim Roth, famoso anche per “La leggenda del pianista sull’oceano”), infatti, il protagonista si troverà indebitato con il marchese e senza il denaro per saldare il proprio debito. Ciò scatenerà una serie di eventi, sullo sfondo dei quali emergono le prime avvisaglie di quella che nella storia è nota come la prima ribellione giacobita, che porteranno Rob a scontrarsi apertamente con Montrose.
Il protagonista è infatti pronto a rischiare la propria vita e la sicurezza del proprio clan pur di non commettere atti che reputa ingiusti o indegni, cosa che, seppur in un primo momento creerà non poche difficoltà, sarà anche l’elemento che permetterà a Rob di affrontare le ingiustizie subite.
In sostanza, “Rob Roy” è un film che intrattiene, con degli ottimi paesaggi ed una colonna sonora del tutto integrata con l’ambientazione scozzese. Non mancano le scene drammatiche e le introspezioni, soprattutto nel rapporto tra Rob e sua moglie (interpretata da Jessica Lange, famosa ad oggi anche per la serie TV American Horror Story), né l’avventura, arricchita con alcuni duelli interessanti.
Per gli appassionati della storia scozzese, o per chi apprezzi l’avventura, è senz’altro imperdibile.”
Sei anche tu amante dei libri e dei viaggi e hai altri titoli in mente? Contattami e sarò felicissima di pubblicare anche le tue proposte e recensioni!